La sfida spaziale tra Elon Musk e Jeff Bezos ha riempito le pagine dei giornali negli ultimi tempi. Ma, sempre tenendo fisso lo sguardo sulla sfera celeste, quella lanciata da Maana Electric, startup avviata in Lussemburgo nel 2018, ha tutti i requisiti per diventare la scommessa del futuro nel campo delle energie rinnovabili. Perché come spiega Fabrice Testa, uno dei fondatori, l’obiettivo è quello di produrre energia solare…sulla Luna.
Sembra un gioco di parole, ma le intenzioni di Testa e dei suoi colleghi sono più che serie. «Del resto io credo che ne valga la pena. Spendiamo più o meno lo stesso tempo per affrontare questioni semplici o complesse, perché non provare dunque a fare qualcosa che può avere un impatto globale?» domanda il manager.
Sabbia ed elettricitĂ per una produzione a impatto zero
La scommessa di Maana Electric si chiama TerraBox ed è il frutto dell’alta specializzazione delle tecnologie dell’industria aerospaziale applicata alla ricerca nelle fonti di energia alternative. La startup sostiene di essere in grado di lanciare entro il prossimo anno una mini-fabbrica di pannelli solari in grado di scardinare la leadership cinese del settore grazie a un approccio a zero-impatto ecologico e a un radicale contenimento dei costi di produzione. Come? Sfruttando la sabbia dei deserti e l’elettricità . «Circa un terzo delle terre emerse sulla Terra è coperto di sabbia – spiegano sul sito di Maana Electric -. Noi possiamo utilizzare qualsiasi tipo di sabbia per produrre i nostri pannelli solari». La sabbia infatti, secondo la startup, possiede tutti gli elementi necessari alla realizzazione dei pannelli.
Ma il vero asso nella manica di questo progetto è la sua estrema adattabilità alle condizioni. Simile a un insieme di container per il trasporto navale, TerraBox è in grado di funzionare in automatico in qualsiasi luogo (persino nel deserto) per realizzare pannelli grazie all’impiego di sabbia ed elettricità . Il tutto, senza alcuna emissione di anidride carbonica né impiego di sostanze tossiche. «E non impieghiamo nemmeno l’acqua» puntualizza Testa. Un sistema di produzione che strizza l’occhio agli obiettivi internazionali per contrastare il climate change.
Anche dal punto di vista economico, il progetto promette soddisfazioni. Perché tale sistema accorcia in maniera radicale i tempi (ma soprattutto i costi) delle catene di produzione tradizionali in questo settore. TerraBox, infatti, può essere installata in qualsiasi luogo, evitando così le varie fasi del processo (estrazione delle materie prime, purificazione delle stesse, assemblaggio dei pannelli, trasporto e installazione) che normalmente possono durare anche oltre un anno.
La prima utility sulla Luna
Il sogno che ha dato benzina all’idea di Testa e soci è quello di arrivare a produrre pannelli solari sulla Luna. «Puntiamo a essere la prima utility sulla Luna» afferma il manager. E così, in parallelo alla TerraBox studiata per la Terra, nei laboratori si studia un prototipo in grado di funzionare anche nello spazio, con una tecnologia condivisa al 60% circa. Se le missioni della Nasa e dell’Agenzia Spaziale Europea mirano a stabilire una presenza umana sul satellite terrestre a partire dal 2024, riuscire a fornire una fonte di energia “in loco”, potrebbe rivelarsi un’idea decisamente vincente.
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