Il principio enunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen non ammette interpretazioni: «Chi inquina di più, paga di più». È questa la logica del pacchetto di misure presentato dalla Commissione lo scorso 14 luglio per trasformare le politiche dell’Unione in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da tradurre in concreto il Green Deal europeo.
L’ambizioso obiettivo che i leader del continente hanno fissato è duplice: ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Un intento tanto nobile quanto impegnativo. Ed è per questo motivo che, nelle scorse settimane, è stato presentato il piano «Fit to 55»: una vera e propria roadmap che indica le azioni messe in campo dalla Commissione per raggiungere la meta indicata dal Green Deal.
Le misure: c’è dell’altro dopo lo stop a benzina e diesel
A conquistare i titoli di giornali e tg sono state le misure che interessano il settore dei trasporti con l’annunciato stop alle vendite di auto a benzina e diesel a partire dal 2035, che ha messo in allarme alcune case automobilistiche e associazioni di consumatori. Ma le proposte illustrate dalla presidente von der Leyen presuppongono una rivoluzione degli stili di vita e delle economie dei Paesi europei, abbracciando una molteplicità di politiche tra cui quelle fiscali, energetiche, ambientali e – soprattutto –sociali.
Fedeli allo slogan «Inquinare sarà più costoso», i leader hanno previsto di cambiare le modalità di tassazione dei carburanti, utilizzando come principio guida quello del contenuto energetico dei combustibili. Di conseguenza, benzina e gasolio costeranno di più mentre le imposte minime sull’elettricità dovrebbero calare da 1 euro a Megawatt/ora a 58 centesimi a partire dal 2023. Altro punto fondamentale del «Fit to 55» è la revisione del sistema ETS, il cosiddetto “mercato europeo del carbonio” che limita le emissioni prodotte da circa 10mila impianti nel settore dell’energia elettrica e nell’industria manifatturiera, nonché dalle compagnie aeree. Il nuovo progetto prevede un taglio delle emissioni di almeno il 61% rispetto ai livelli del 2005 nei settori coinvolti. E conta di includere nel sistema di scambio delle quote di emissioni anche i trasporti su strada e i sistemi di riscaldamento degli edifici.
Importazioni meno vantaggiose, depositi di carbonio e politiche energetiche
Le imprese che intendono raggirare la «stretta verde» ricorrendo all’importazione di combustibili dall’estero avranno una spiacevole sorpresa. Perché il «Fit to 55» intende applicare una tariffa extra (i critici hanno parlato di «nuovi dazi») a ferro, cemento, alluminio, acciaio, fertilizzanti ed elettricità importati da Paesi Terzi che hanno standard ambientali inferiori rispetto a quelli imposti alle aziende all’interno dell’Unione Europea. Fissato anche un nuovo obiettivo per i depositi di carbonio entro il 2030: si vuole arrivare a un livello equivalente a 310 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, rispetto ai 268 attuali. Stessa scadenza al 2030 anche per il miglioramento di qualità, quantità e resilienza delle foreste: si vogliono piantare 3 miliardi di alberi in tutta l’Unione per contribuire all’assorbimento di CO2.
Sul fronte dell’energia, la Commissione propone di portare al 40% l'obiettivo vincolante delle energie rinnovabili nel mix energetico dell'Unione Europea. Ma vi è la convinzione che la riduzione dei consumi energetici sia fondamentale per l’abbattimento delle emissioni: da ciò deriva il nuovo target fissato al 2030 per una riduzione al 36% dei consumi in ottica di efficienza energetica.
La transizione equa: il Fondo sociale per il clima
La presidente von der Leyen e gli altri commissari sono pienamente consapevoli del costo sociale che tali azioni avranno inevitabilmente sui cittadini, specialmente quelli in condizioni economiche più difficili. Se è vero che si stima che circa 35 milioni di edifici potrebbero essere ristrutturati entro il 2030, è altrettanto vero che ogni intervento rappresenta un costo per le tasche degli europei. «La transizione deve essere equa» è stato più volte ripetuto nel corso della presentazione del piano. Per questo motivo è stato previsto il nuovo Fondo sociale per il clima. Uno strumento di sostegno a favore dei cittadini dell’Unione più colpiti o a rischio di povertà energetica. Il Fondo, che assegnerà finanziamenti specifici agli Stati membri, contribuirà ad attenuare i costi per le persone più esposte ai cambiamenti e si propone di stanziare 72,2 miliardi di euro in sette anni per la ristrutturazione degli edifici, l’accesso a una mobilità a basse (o nulle) emissioni e un sostegno al reddito.
Prima che diventi realtà il nuovo piano attende di essere discusso in Parlamento e in Consiglio Europeo.
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